Polarimetro casalingo

Polarimetro casalingo

Cos’è un polarimetro casalingo? Ha a che fare con i polli? No, è uno strumento che permette di ruotare la luce e scoprire quali sostanze sono in grado di farlo. Proviamo a costruirne uno!

Teoria

La luce è un’onda elettromagnetica cioè l’unione di un’onda elettrica ed un’onda magnetica. Queste due onde oscillano perpendicolarmente una rispetto all’altra perfettamente sincronizzate. La luce si propaga in tutte le direzioni e le onde oscillano su tutti i possibili piani dello spazio.

Normalmente non possiamo notare questo fenomeno ma con dei particolari filtri è possibile separare le onde elettromagnetiche come se usassimo dei setacci. Questi setacci si chiamano filtri polarizzatori, sono in grado di assorbire e disperdere le onde elettromagnetiche indesiderate e far passare solo quelle che oscillano su un piano desiderato. I primi filtri polarizzatori furono i prismi di Nicol che permettono di ottenere un raggio di luce polarizzata grazie a fenomeni di rifrazione e riflessione, sono dei prismi di spato d’Islanda (calcite) opportunamente tagliati ed incollati con del balsamo del Canada. Oggi sono più comuni i filtri Polaroid formati da alcol polivinilico opportunamente lavorato, ciò permette la semplice costruzione di un polarimetro casalingo.

Costruzione*

      • sorgente luminosa
      • 2 filtri polarizzatori
      • goniometro
      • scatola di cartone
      • contenitore di vetro trasparente

La sorgente luminosa può essere una qualsiasi lampadina o torcia a batterie con una luminosità sufficiente da attraversare i due filtri ed il campione. I filtri polarizzatori possono essere recuperati dagli schermi LCD. Per verificare il funzionamento dei filtri basta sovrapporli e ruotarne uno, si nota una variazione di luminosità della luce che li attraversa al variare dell’angolo di rotazione. Quando i filtri avranno le direzioni di polarizzazione perpendicolari non passerà alcuna luce fra di essi.

Si dispone in una scatola tutti i componenti come nell’immagine a lato, tra la sorgente luminosa e il primo filtro polarizzatore si colloca uno schermo di cartone con un foro per indirizzare la luce al campione. Si monta il secondo filtro polarizzatore (vicino all’occhio dell’osservatore) su un goniometro che permette di misurare l’angolo di rotazione tra i due filtri.

Il campione viene posto sul raggio luminoso tra i due filtri polarizzatori, se è un liquido si usa un contenitore di vetro trasparente.

Taratura

Senza mettere il campione nello strumento si accende la luce e si ruota il goniometro su cui è montato il filtro analizzatore. Osservando dal rimo filtro (analizzatore) si deve notare la totale scomparsa della luce. Si annota l’angolo di partenza.

Misurazione

Si pone nello strumento il campione e si procede con una nuova osservazione. Bisognerà ruotare nuovamente il filtro fino a totale scomparsa della luce. Si annota nuovamente l’angolo e lo si sottrae alla prima misura compiuta senza campione. L’angolo ottenuto per differenza sara il potere ottico rotatorio della sostanza. Se pur mettendo il campione nello strumento (dopo la fase di taratura) non si nota nessuna differenza vuol dire che la sostanza non è otticamente attiva.

Questo polarimetro casalingo è indispensabile nel laboratorio dei makers

*Makers ITIS Forlì non si assumono alcuna responsabilità per danni a cose, persone o animali derivanti dall’utilizzo delle informazioni contenute in questa pagina. Tutto il materiale contenuto in questa pagina ha fini esclusivamente informativi.

Makers ITIS Forlì: https://www.makers-itis-forli.it 

WATER RISES!!

WATER RISES!!

Occorrente:

  • candela;
  • accendino;
  • 1 piatto;
  • acqua;
  • 1 bicchiere alto.

Procedimento:

Prendere un piatto e versare dell’acqua, basta creare un piccolo strato.
Porre la candela all’interno del piatto e, mediante l’accendino, accenderla.
Rovesciare il bicchiere alto, in modo da coprire la candela precedentemente accesa.

Cosa succede??

Fatemelo sapere nei commenti!

Spettrometro ad emissione atomica

Spettrometro ad emissione atomica

Teoria

La spettroscopia di emissione atomica è una tecnica analitica utilizzata per analisi di metalli in tracce, si basa sull’emissione di un fotone da parte di un atomo metallico eccitato termicamente. La lunghezza d’onda della radiazione emessa sarà univoca per ogni elemento(cioè ogni elemento avrà un proprio colore) e l’intensità della radiazione sarà proporzionale alla quantità di sostanza analizzata. I chimici usano uno strumento chiamato spettrometro ad emissione atomica.

Apparecchiatura

Lo spettrometro ad emissione atomica è composta da:

  • Nebulizzatore: formato da due aghi perpendicolari, uno collegato all’aria compressa e l’altro al campione. Il campione sarà aspirato secondo l’effetto Venturi e il getto d’aria compressa nebulizzerà finemente il liquido.
  • Atomizzatore: si può usare un becco Bunsen o fornello da campeggio ponendo all’entrata  dell’aria l’uscita del nebulizzatore.
  • Spettrometro: scatola di legno con un reticolo di diffrazione a 30° rispetto al raggio d’entrata (settore di CD-ROM spellato) ed una fenditura mobile(ricavata da 2 lamette da barba e del cartone).
  • Rivelatore: cellulare in modalità manuale ISO800 e diaframma 1.

Esperimento

L’esperimento* consiste nella quantificazione del sodio nell’acqua di rubinetto.

Materiale:

      • Standard: soluzioni a diversa concentrazione di cloruro di sodio (sale da cucina) in acqua distillata
      • Acqua distillata
      • Aria compressa 0,2 bar
      • Cellulare
      • Computer

Si accende la fiamma a butano, si apre l’aria compressa e s’immerge il tubo del nebulizzatore nella soluzione da misurare. La fiamma cambierà colore indicando il tipo di metallo contenuto nel campione (nel nostro caso il sodio è arancione). Si regola la fenditura e si allinea lo spettrometro con la fiamma permettendo al cellulare di immortalare lo spettro.

 

Analisi dati

Una volta registrati gli spettri di tutti gli standard e del campione si analizzano le immagini mediante il software Tracker, ricavando i massimi di intensità per la specifica riga spettrale del sodio. Ottenuti i massimi d’intensità si interpolano con i valori di concentrazione degli standard e si usa la retta di regressione per determinare la concentrazione di sodio nel campione.

Per saperne di più e vedere qualche esperimento guardate il video e il canale YouTube.

*Makers ITIS Forlì non si assumono alcuna responsabilità per danni a cose, persone o animali derivanti dall’utilizzo delle informazioni contenute in questa pagina. Tutto il materiale contenuto in questa pagina ha fini esclusivamente informativi.

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